Mondiali 2018, l’analisi del gruppo A

Manca ormai solo un mese al fischio di inizio: il 14 giugno 2018 inizia l’avventura di Russia 2018 per gli attesissimi mondiali di calcio. Il gruppo A dei Mondiali Russia 2018 è quello che comprende la nazione che ospita questo mondiale, ovvero la Russia. Le altre tre squadre sono l’Egitto, l’Arabia Saudita e l’Uruguay. Le prime partite del gruppo A dei Mondiali Russia 2018 vedranno affrontarsi Russia-Arabia Saudita il 14 giugno alle 17.00 ed Egitto-Uruguay il giorno dopo alle 14.00. Seguiranno Russia-Egitto, il 19 giugno alle ore 20.00, e Uruguay-Arabia Saudita il 20 giugno alle ore 17.00.

I padroni di casa della Russia

Da quando non esiste più l’Unione Sovietica, la Russia ha avuto accesso solo a tre Mondiali, nel 1994, nel 2002 e nel 2014. I padroni di casa sono all’undicesima partecipazione – sette come URSS – ai mondiali. È un evento che, nella nazione, è sentito sin dalla sua assegnazione nonostante la squadra non sia particolarmente competitiva. A ciò si è aggiunta anche una buona dose di sfortuna. La stella Kokorin, dello Zenit, salterà la rassegna iridata. Da vedere però Golovin, che piace al Napoli e sembra uno dei migliori calciatori russi degli ultimi decenni. A prescindere da ciò, nella terra degli zar c’è un discreto ottimismo che spinge addirittura a credere nella possibilità di superare il girone. I test amichevoli dello scorso autunno contro Spagna e Argentina si sono rivelati positivi, anche se a questi hanno fatto seguito alcune brucianti sconfitte.

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DZAGOEV/A.PAES/SHUTTERSTOCK

Il Ct Stanlislav Cercesov ha ufficialmente diramato la lista dei convocati, molti dei quali giovano sempre in Russia. La maggior parte nello Zenit dell’ormai ex Roberto Mancini, nel Lokomotiv Mosca e nello Spartak Mosca. Sono solo 3, infatti, i calciatori che giocano all’estero. Gabulov, che milita nel Club Brugge, Neustadter nel Fenerbahce e l’ex madrileno Cheryshev, che oggi gioca nel Villarreal.

La stella della squadra è Alan Dzagoev. Ha 27 anni, ma è oramai più di un decennio che scorrazza in giro per i campi d’Europa, facendo vedere potenzialità immense a periodi di involuzione molto forte. Ha giocato praticamente tutta la sua carriera nel CSKA Mosca, divenendo a 18 anni e 116 giorni il più giovane esordiente nella storia della nazionale russa. Può disimpegnarsi bene sia da ala che da centrocampista centrale, oppure da trequartista.

L’Egitto dell’incontenibile Momo Salah

Per l’Egitto è solamente la terza partecipazione a una fase finale di Coppa del Mondo, nonostante i Faraoni abbiano vinto ben 7 coppe d’Africa dal 1957 in poi. Presenti nel 1934 e nel 1990, cioè entrambe le edizioni in Italia, ritornano a un Mondiale dopo ben 28 anni. Gli egiziani sono allenati dal 2015 da Hector Cuper, vecchia conoscenza del calcio italiano. Sedeva lui sulla panchina dell’Inter il 5 maggio 2002. Il giorno del pianto di Ronaldo, del 4-2 subito da una Lazio che non aveva niente da chiedere al campionato. La qualificazione è stata ottenuta senza grandi problemi superando il girone eliminatorio addirittura con un turno d’anticipo. Il 2-1 sul Congo, infatti, ha scatenato le grandi celebrazioni e la festa in tutto il paese.

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SALAH/MITCH GUNN/SHUTTERSTOCK

A decidere la qualificazione è stata una doppietta dell’ex romanista Mohamed Salah, attaccante di punta della squadra africana che ha seriamente rischiato di non poter partecipare al mondiale. Pagato 42 milioni di euro dal Liverpool nella scorsa estate, in questa stagione è esploso ancora di più, diventando uno dei migliori giocatori di Premier League e dell’intero continente europeo. Non servono grosse presentazioni, ma in Inghilterra si chiedono se possa arrivare ai livelli di Messi e di Cristiano Ronaldo. Francamente difficile, ma è il trascinatore di una squadra solida e che, dalla sua, ha freschezza e voglia di stupire. Tutti si chiedono se potrà essere un outsider come il Senegal nel 2002. Di certo sembra che il passaggio del girone sia alla portata.

Arabia Saudita, poche chanche di passare

L’Arabia Saudita ritorna al Mondiale dopo avere bucato due edizioni, quelle del 2010 Sudafrica e del 2014 in Brasile. Dopo aver iniziato al meglio il percorso per la qualificazione ai mondiali, infatti, la nazionale araba ha collezionato una serie di sconfitte. Cocenti quelle contro l’Australia e gli Emirati Arabi che l’hanno messa nuovamente a rischio dimostrando la “povertà” di uno degli organici meno competitivi del torneo. Così questa nazionale ha dovuto giocarsi il posto a Russia 2018 contro il Giappone. La partita è stata vinta per 1-0, grazie ad un gol di Al-Muwallad.

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ARABIA SAUDITA/MOOINBLACK

Appena terminato il match, però, è successo l’imprevedibile. Il Ct Bert van Maarwijk si è dimesso. Si vocifera per le condizioni molto restrittive imposte all’olandese, come l’imposizione di trasferirsi in pianta stabile a Riyadh, mentre la sua famiglia vive in Olanda. Sulla panchina è arrivato a sedersi Juan Antonio Pizzi. In ogni caso, la qualificazione è comunque un successo per questo Paese, visto che la nazionale maggiore ha partecipato per l’ultima volta ai Mondiali nel 2006, in Germania

La stella è Salem Al Dossari. Gioca nel Villarreal, è un esterno d’attacco veloce e dotato tecnicamente. Però da qui a dire che sia un pericolo per gli altri ce ne passa. Basti pensare che nove giocatori sauditi sono stati spediti in “stage” dalla federcalcio araba nella Liga spagnola. Nessuno di quelli finiti nella massima serie iberica hanno esordito, tra Levante, Leganes e appunto Villarreal.

L’Uruguay è la favorita

Per finire c’è l’Uruguay alla sua tredicesima partecipazione nella rassegna iridata, che si è aggiudicata il posto ai Mondiali 2018 sconfiggendo con un bel 4-2 la Bolivia. E questa è la prima volta dopo ventotto anni che l’Uruguay si qualifica senza dover giocare uno spareggio. Non vincono dal 1950, ai tempi del Brasile e del Maracanazo, quando il calcio era ancor più che lo stupendo gioco di ora, bensì ragione di vita. È la solita nazionale charrua, con due moloch davanti come Suarez e Cavani, più una schiera di giovani di belle speranze che stanno crescendo ma che, al momento, non hanno raggiunto quel livello necessario a creare una potenza mondiale.

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SUAREZ/AGIF/SHUTTERSTOCK

In panchina siede Oscar Tabarez, uno dei monumenti del calcio uruguagio. E’ alla guida della nazionale dal 2006, disputando finora tre Mondiali e con quello di Russia arriverà a quota quattro. Nei Mondiali sudafricani del 2010 è riuscito ad arrivare quarto grazie ad un Forlan in stato di grazia e nel 2011 ha vinto la Copa America nella finale contro il Paraguay. Due esperienze in carriera anche in Italia sulle panchine di Cagliari e Milan.

Difficile scegliere il meno peggio fra Cavani, capocannoniere delle qualificazioni con 10 goal, e Suarez. Ma i grandi campionati a Barcellona e la sua tremenda qualità sottoporta fanno del “pistolero” il miglior prodotto del calcio uruguagio degli ultimi cinquant’anni. Sono comunque due calciatori diversi e che si completano, arrivando entrambi nel momento di massima maturità per un calciatore. Senza di loro l’Uruguay si scioglie, ma è una squadra quadrata che può dar filo da torcere a chiunque.