Buffon, addio alla Juve ma non al calcio

Gianluigi Buffon dice addio alla sua Juve, dopo 17 anni. Sabato con il Verona sarà festa scudetto, ma anche il giorno dell’ultimo enorme grazie al portiere dei record, che lascia la Signora e che pensa a un futuro ancora stimolante, in campo o fuori. “È una giornata per me particolare, ricca di emozioni, ma ci arrivo con tanta serenità, felicità e appagamento. Sentimenti figli di un percorso straordinario e bellissimo che ho avuto la fortuna di condividere con tante persone che mi hanno voluto bene. Per questo bene ho lottato e cercato di fare del mio meglio“.

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BUFFON/BERTANI/SHUTTERSTOCK

Gigi Buffon è un’autentica leggenda del calcio non soltanto italiano, ma a livello mondiale. Un esordio in serie A a 17 anni, era il novembre ’95. Sei anni al Parma. Poi una vita nella Juve con cui ha vinto 9 scudetti, un record assoluto. Una carriera costellata di trofei, tra questi il più importante è indubbiamente il Mondiale del 2006. Buffon è stato per anni il più forte portiere del mondo.

Quel Parma-Milan che lo lanciò

Sabato si sfilerà anche la maglia e non la indosserà più, lo farà solo nei ricordi e forse in qualche momento privato, ma chissà tra quanti anni. Non ne ha cambiata molte in vita sua a dire la verità. Diciamo due tra i professionisti. Con quella del Parma ad appena 17 anni si fece improvvisamente conoscere volando a fermare il grande Milan di Capello. Come fosse il profano che ferma il sacro. L’imponderabile che si fa realtà. “Io sono in porta per parare. Se poi non paro certe volte è colpa mia, delle volte no. Per cui non vedo perchè avrei salvato il risultato“. Queste le parole al termine della sua partita di esordio. Parole che denotano quella lucidità e quell’umiltà che gli hanno permesso di arrivare fin dove è arrivato. Lo si sentirà tante volte parlare nel corso degli anni e il Buffon pensiero farà sempre riflettere, nel bene o nel male.

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Il record di imbattibilità in serie A

Lui e le parole, ma prima di tutto lui e quella porta, il suo habitat naturale. Due pali, una traversa, uno spazio da difendere come fosse a casa sua. Come se chi ci volesse buttare dentro un pallone fosse l’intruso che prova a superare certi confini privati. Non è un caso che appartenga a lui il record di imbattibilità in serie A. Era il derby di Torino del marzo 2016 quando Gigi superò al 4′ minuto del primo tempo il precedente record di Sebastiano Rossi di 929′ della stagione 93/94. La striscia di imbattibilità si chiuse al 3′ minuto della ripresa con il gol di Belotti che sancì il definitivo primato. Saranno infatti 974′ a certificare che un gol preso è praticamente un offesa personale a prescindere dal risultato di squadra.

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I trofei in carriera

Tanti i trionfi in Italia, in Europa, nel mondo. Già, quel mondo conquistato nel 2006, esattamente un mese e mezzo prima di scegliere di farsi scaraventare anche lui in serie B. Da prendere, come disse lui allora, come una nuova esperienza da affrontare. Personaggio indubbiamente trasversale, anche se forse in Italia non troppo, a causa di un palmeres in netta prevalenza juventino. Come i 9 scudetti ufficiali, più i 2 sul campo, le 4 Coppe Italia e le 5 Supercoppe italiane. Palmares più ridotto, dati anche i minori anni di militanza, quello con il Parma con cui però nel 98/99 ha conquistato il suo unico titolo europeo per club, la Coppa Uefa. Sì, perchè la Champions è il suo unico grande rammarico, con 3 tentativi sfumati su quel più bello che purtroppo non è mai arrivato. Così come il Pallone d’Oro, in certi casi impietosa diretta conseguenza del traguardo non raggiunto. Non è mai stata un ossessione, è vero, e forse si farà bastare il riconoscimento morale di essere da sempre e per sempre accostato a chi numero 1 è, anche senza portarlo sulla maglia. Quella maglia che contro il Verona si sfilerà per sempre per non indossarla più.

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